"PASSIONI" di Enzo Pizza
Fingendo concentrazione, impegno, fingeva di studiare.
Fingendo
noncuranza, intenta fingeva di essere occupata.
Fingevano
perché non riuscivano ad essere.
Erano
perché si ammantavano di finzione.
Prospettive
asincroniche per animi incrocianti.
Giù
- nord. Il terrazzino della 44mq dove fingeva di studiare, a quell’ora,
torrido, sotto il sole più cocente, si limitava a dare ristoro con un
ombrellone intersecato in un tavolo.
Su
– sud ovest. La balconata della 120 mq dove fingeva di essere occupata, alla
stessa ora, fresca e coperta accoglieva con un gazebo: tendaggi divano e
tavolino.
Così
fu che prospettive diverse s’incontrarono: l’ombrellone copriva il finto
studioso ed un divisorio scopriva la finta indaffarata. Il sole picchiava la
testa, i testi, pastelli e mattonelle e tutto il resto del piccolo terrazzino
mentre, quel mirabile Astro, sbocciava sempre di più verso la Luce, sporgendosi
in direzione dei piccoli pianeti che sostavano nelle cavità oculari tra una
pagina ed un ammiccamento. Eccitato quanto imbalsamato, timidezza,
inadeguatezza, alzava di tanto in tanto le orbite verso quella estasiata Luna
per poi ributtarle giù velocemente come abbagliati da tanta lucentezza. I
pomeriggi aridi di quell’agosto venivano dissetati dal sangue che ribolliva dal
cuore verso gli organi, argani di finti studi, finte faccende, veri sguardi,
fugaci, brevi, ma sempre più intensi. Qualche volta trapelava un sorriso,
subito celato da un rapido movimento del capo, ma, nondimeno, capace di
inebriare i loro corpi ed innaffiare le loro menti.
Appena
fin(i)to di studiare usava scappare dagli amici, ma quell’entusiasmo cominciò a
macchiarsi di qualcosina di poco chiaro che minava la serenità di godere della
libertà del gioco.
Lasciava
dietro la Gioia.
Continuava
distesa. Non usciva mai se non per assecondare l’idea del padre di consolidare
il loro legame part-time e nell’ ideale concetto di vacanza: Mare mattutino, pennichella
pomeridiana, pedalata serale, film notturno. Condizioni basilari per consolidare
quel legame frugale, “mi ami piccola mia?”. “si, papà tanto”, come innaffiare
dopo un temporale!
Poche
volte si erano visti a distanza ridotta, fremiti corporali e sguardi asincroni
poco riuscivano a mettere nella cornucopia della loro conoscenza reciproca. La
finta applicazione allo studio durava sempre più a lungo, fino al risveglio
pomeridiano della chiassosa famiglia. Occupava fisicamente e spiritualmente, man
mano, tutte le mattonelle del terrazzino e, soprattutto, la visuale, ma, ancor
di più, la catastrofe delle catastrofi, dissolveva la magia, malia che inondava
l’atmosfera dei due guagliuncelli in love.
Non
si facevano progressi nonostante le promesse, ripromesse di impeto maggiore
fatta a sé stessi, risvolti melodiosi annessi, verso il nirvana delle loro
esistenze e dei loro sessi. Ebbene si, non si schiodavano da quei sguardi
fugaci, sorrisi loquaci ma non audaci di sentimenti veri ma con gesti mendaci.
Perdinci
e perbaccolina! come diceva quell’antico filosofo greco? O era romano? Archi…, Ari…,
Aristo…, Aristomede? Tene. Tele? Aristoqualcosa insomma!
Evviva!
No. Erica! No. Eureka, si. Eureka!
Ecco
l’idea: (quella stessa sera, di ritorno da monellerie varie con i neo compagni
estivi, si buttò nel piccolo scantinato del villino e riesumò una sua vecchia
compagna di avventure. Rapida spolverata, lenta ristrutturazione, dolce
apparizione: l’Atala era sul cavalletto pronta a ritornare protagonista di
grandiose spedizioni con il suo valido condottiero) bastava farsi trovare in
sella all’ora della loro pedalata serale e … e … eh? E cosa? Pedalare con loro?
Seguirli? Incrociarli? No, che idea del cavolo, sto… sto cazzo di Archisto …?
Archistofanculo!
Però.
La vecchia passione può ravvivare il fuoco del nuovo amore. Constatare la
condivisione di una passione comune … accomuna, accumula forze, funge da
propulsore per continuare a scalare la montagna del desiderio. Sul suo Ataladestriero
incrociava la demi-famiglia mostrando indifferenza e facilità di pedalata
mentre loro, fiaccamente, avanzavano tra lunghi discorsi e brevi pause. Niente
di nuovo tranne l’affitto per me, cit.. Ma, pian pianino, la bici velocizzò il percorso che
dovevano fare per incontrarsi. In quei pomeriggi assolati aumentarono gli incroci
di sguardi, i sorrisi disegnavano nuove smorfie e spiccava, addirittura,
qualche accenno di saluto. Rossori.
Ma
bisognava far presto! I quindici giorni di vacanza paterna proclamati dalla
Repubblica Italiana stavano, inesorabilmente, scadendo.
Menomale
che la staticità mentale in cui si avvolge l’essere maschio può essere
soppiantata dalla spigliatezza della mente femminile e, così, un sorriso
malizioso più incisivo che canino! del solito costrinse il pomo ad una mossa un
poco più azzardata: biciclette che si incrociano, stop scontro aiuto scusa ossequi.
Bigliettino nel cestino, appuntamento durante il riposino al cancello del, di
lei, giardino.
Finalmente
i loro sguardi, il loro fiato, nonché corpi, erano vicini e….………………!
Lasciamo
stare.
Architettare
il tranello. Prolungare di due giorni la vacanza paterna e approfittando
dell’atmosfera giocosa e colorata della critical mass mischiarsi alla miriade
di cicloamatori, avvicinarsi, indi parlarsi, se non, arditamente, … baciarsi!
Ops! Incrociamo le dita.
Dopo
sfuriata, nonché litigata e penitente della mamma ritirata, la soluzione
trovata era stata euforicamente, dal papà, approvata. Appuntamento alla
biciclettata.
Piazza
Rotelli, fischietti, trombette e campanelli, rumore, tanto rumore per entrare nel
cuore dell’amministrazione è creare una strada per il cicloamatore. Il cuore
degli amanti erano stantuffi pulsanti e loro, ansanti, andavano avanti
aspettando il momento propenso per cambiare senso ed accendere i sensi. Partenza.
Festa, gioia, scherzi, gare e quant’altro di più. La colorata ciclo-parata
faceva a pugni contro il grigio auto-corteo: grugniti, clacsonate, buone mamme,
papà becchi, morti secchi ed invettive fantasiose ma ingiuriose. Il padre, in
preda ad una giovanile riscossa politica, Guido Stabile tra i Carusi, Le-pone
un bacio ma Careddu a terra Luca-poccione sbattè e le stelline del CoSMoS vide!
Via.
Sprint, è il momento giusto per la volata. Fianco a fianco, cuore all’unisono,
stesso ritmo e l’infinito come punto di arrivo. Ultima curva, sono affiancati,
si scrutano, ancora pochi metri e … scatta. Sposta, fuori pista accosta, sosta.
Imbosca, un bacio scocca, la scintilla dall’arco sfreccia divampa la miccia e
tutto s’appiccia. Botto. Una sopra uno sotto, mondo di ovatta, il pomo scatta, all’erta
esce dalla patta, si avvia verso il tappo, impatta, svelta allenta la stretta,
la strada è aperta, è fatta. RedentAH!
Di
secondi appena trenta. Il giorno seguente lei ha levante e lui a ponente.
Cuori
nella tormenta
Passione
virulenta
col
tempo rallenta
la
fiamma stenta
se
reale non si è spenta.
Non
ricordo più il colore dei suoi occhi ma il colore della mia Atala era blu!
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