La mia Marittima - Giordano Cioli


SCAURI (LT), 9 giugno 2019

A me, come a tanti, piace parlare di ciclismo: quel ciclismo che unisce, dove c’è fratellanza, amicizia e ancor di più i valori della vita, i valori umani. Se poi si parla di corse, preferisco quelle Eroiche.

Giordano Cioli - foto: Bruno Carlo
Certo, Eroiche erano le imprese di Ganna e Girardengo, e di tanti altri con e dopo di loro. Ma ora sto parlando dei nostri giorni e quindi Eroici sono coloro che condividono qualcosa con altri, pedalando.
L’invenzione si deve al mio amico Giancarlo Brocci, Toscano, come me, anche lui della Provincia di Siena. Un uomo che ai più è apparso folle quando ha lanciato la sua proposta. E forse, sì, nel 1997 l’impresa che voleva realizzare era davvero da pazzi. Così sarà sembrato ad amici e squadre cui si era rivolto, figuriamoci quando poi voleva coinvolgere perfino il Giro d’Italia: andarsene in giro con quelle vecchie bici, indossando maglie di lana, su percorsi prevalentemente sterrati, abbastanza lontani dalle tipologie del ciclismo moderno.
Ma Giancarlo ci ha creduto, e a seguire molti altri ci hanno creduto; sono andati avanti, conservando e diffondendo attraverso questo ciclismo eroico - vecchio e nuovo allo stesso tempo -  proprio quei valori cui accennavo, che ormai si andavano perdendo.

E io amo le manifestazioni di bici d’Epoca, non importa come si chiamino. In questo meraviglioso mondo, germogliato dall’Eroica di Gaiole in Chianti, oltre ai valori umani ho ritrovato il profumo della natura, il sapore dei cibi locali, l’atmosfera dei luoghi.
Moltissimi girano il mondo senza neanche conoscere o addirittura riuscire a vedere le bellezze della nostra Italia, tutto ciò che ne costituisce l’essenza, dal paesaggio alla storia alle tradizioni, ultrasecolari. Qui, tra gli Eroici, non è così, finalmente.
Il mio è un amore profondo verso un movimento che attinge all’antico per guardare al futuro; raduni in cui il ciclista si alza al mattino presto, in alcuni casi molto prima dell’alba, solo per un pezzo di pane, magari un po’ di salame e un bicchiere di buon vino, cui si giunge dopo litri di sudore lasciati per strada. Non c’è un vincitore, non c’è classifica, ma ci sono tante mani che ti aiutano in ogni tuo bisogno.

Oggi i raduni di biciclette d’Epoca - le ciclostoriche - sono tantissimi, il seme s’è sparso in tutta Italia e nel Mondo, ma solo poche - anzi, pochissime - possono dirsi Eroiche: per esserlo davvero non bastano i percorsi, il paesaggio, i ristori e le bellezze tutt’intorno. Deve esserci lo spirito giusto.
Ebbene, in quel fazzoletto di terra compreso tra il mare della Riviera di Ulisse e i Monti Aurunci, in quel luogo chiamato Scauri, all’estremo lembo meridionale della provincia di Latina e dunque del Lazio, è nata La Marittima, la Ciclostorica del Bicicletterario. È nata ora, ma è già grande, perché c’è tutto quello che il ciclista eroico cerca. E poi ci puoi sentire il profumo del mare e quello della montagna, insieme.

Una prima volta grandiosa, in un territorio in cui per troppi anni il ciclismo, compreso quello amatoriale, è stato messo un po’ da parte, in cui la bici è diventata quasi straniera in quella che un tempo era un pezzo della sua terra, perché l’Italia tutta è la terra della bicicletta.
La Marittima, coincide con la festa di chiusura della 5° edizione del Premio Letterario Nazionale chiamato Il Bicicletterario, un nome che è un programma, fatto di pedali e parole, di cultura e condivisione. Proprio l’edizione di quest’anno del Premio è dedicata al ciclismo d’epoca, agli eroi che lo hanno reso mitico e al mondo affascinante e meraviglioso delle ciclostoriche, di cui, appena vista la luce, La Marittima diventa subito degna rappresentante.

Organizzata e ideata dal Co.S.Mo.S (Comitato Spontaneo Mobilita Sostenibile) in partnership con Ciclistica Isola del Liri-Leone Team, (con cui lo stesso Co.S.Mo.S. ha intrapreso una collaborazione che lo vedrà impegnato anche nel promuovere, a ottobre, La Ciclostorica dalle Cascate al Lago a Isola del Liri, Provincia di Frosinone), ha previsto per gli iscritti anche un pacco gara da invidia, che da solo supera alla grande la quota d’iscrizione, e ben sei ristori zeppi di prodotti tipici e di accoglienza.

Scauri, Minturno, oasi della grande storia del passato, pare stiano finalmente preparandosi ad un nuovo turismo, più inclusivo (e davvero ‘territoriale’) di quello che da molti anni la fa da padrone, il turismo balneare. È il turismo della bicicletta.
Il caldo intenso di questi giorni, giunto improvviso dopo mesi ininterrotti di piogge, ha dato il benvenuto a La Marittima e ai suoi iscritti. Si pensava a 70, 80, forse 100 partecipanti: sono partiti in 160. E una ventina di cicloamatori, non iscritti, si sono pure accodati, per capire, per vedere, per scoprire e riscoprire.
Che dire: i ciclisti ci credono e hanno l’intuizione. Bei posti e gente meravigliosa, che ti applaude se cogli un fiore e lo regali al tuo amore. L’accoglienza è così grande che tra plausi e feste tutti aderiscono all’innovazione.
Scauri di Minturno, in provincia di Latina, se la cerchi in una cartina del Lazio, è un puntino, figuriamoci nella cartina nazionale: ma come farà la gente a trovarla?

I percorsi ci sono, per tutti i gusti e capacità, e sono tre: “Gareliano” di 69 km (Lungo), con 6 ristori per i partecipanti, così chiamato dall'antico nome del fiume Garigliano, che segue per un bel tratto, fino alla diga di Suio Terme. Poi c’è “Marica”, di 40 km (Corto), con 4 ristori lungo l'itinerario, che prende il nome dall'antica Dea Marìca, venerata dalle popolazioni pre-romane del luogo. Infine, “Argento” di 8 km (una pedalata ecologica breve, adatta anche a famiglie con bambini, con conclusione al Ponte Real Ferdinando sul Garigliano, dove tutti insieme i partecipanti trovano il primo ristoro, una colazione ciclistica apprezzatissima.

Giovanni, Elena, Pasquale, Stefano, Luca, Marianna, e tutti gli altri del Bicicletterario in prima fila alla partenza; c’è anche Gerardo, il Sindaco di Minturno - e chi lo avrebbe mai detto: il Sindaco in bicicletta! -, seguono i Ciclisti Scauresi, gli Etruschi de La Chianina, le sirene de La Francescana, gli Imperiali di Roma, i Ciclostorici dell’Isola del Liri, i Vulcanici del Napoli Bike Festival, i gladiatori de La Maleventum, Tommaso Brocci con la maglia de L’Eroica, le Bici Schiano e tanti altri a portare i colori della propria terra, da ben otto regioni diverse (forse anche più) a Scauri.
Veramente ci sono tutti, dal Nord, dal Centro e dal Sud Italia. Il matador Alessio Berti e il cronista Guido Rubino, i fotografi Bruno Carlo e Antonietta Di Biase, le auto antiche e il Club Vespisti Scauresi… Siamo tutti, si può andare, al suono delle chiarine, con gli sbandieratori de Le Tre Torri di Minturno in posizione di trionfo: si parte!

Lungomare battuto dal forte calore del sole, le spiagge vuote, perché tutti sono lungo la strada principale per salutare gli Eroici, tanta, tanta gente lungo quel cordone che collega l’Arena Mallozzi alla fine del lungomare, per arrivare in 160 e più al Ponte Real Ferdinando sul Garigliano, costruito nel 1830 circa, che delimita il confine tra Lazio e Campania, accolti dall’Associazione Il Levante di Monte d’Argento e dal Comitato Luigi Giura, con un’abbondante colazione. Oltrepassiamo il ponte, aperto per l’occasione. È come rivivere la storia, è un sogno passare sopra a quel ponte sospeso, con accanto l’area archeologica di “Minturnae”, il Monumentale Cimitero Inglese, per giungere all’antico acquedotto Romano.
Il ciclismo è turismo e aiuta a conoscere la storia, le usanze, il territorio, i prodotti enogastronomici locali, le civiltà che hanno lasciato la loro impronta sul territorio e la propria cultura a noi in eredità.

La salita è ripida, per giungere Minturno, tra i Monti Aurunci e il mare, da lassù si può scrutare tutto il Golfo di Gaeta: gli Eroici non si arrendono e conquistano il punto più in alto, per concedersi il buon ristoro allestito, sotto le mura del Castello medievale, dall’Associazione “Impronta Aurunca”, zeppo di delizie a chilometro zero, rigorosamente prodotte come si faceva una volta.
Un sorso d’acqua, un bicchiere di buon Aglianico e si riparte per il borgo di Tufo, si scende e poi si sale ancora e poi si scavalca la cresta delle colline per infilarsi in una ripida discesa: con attenzione, ci si allunga verso la natura; a valle, tra il profumo del fieno tagliato e l’aria fresca del bosco, ci accoglie l’Associazione “San Vito” di Tufo con pizza appena sfornata, macedonia di frutta e tanta acqua.

Dall’aperta campagna ai piccoli paesini, ci guardano meravigliati, ci salutano; sulla terrazza un uomo anziano balbetta “Bartali, …Coppi, …Magni, …Volpi… Alfonsina…”. “No, nonno!”, gli sussurra il nipote presente alla scena, “…Sono quelli di Scauri, del Bicicletterario, l’ha detto TeleGolfo!”.
Sì, per quel nonno è stato come un sogno, il passaggio dei ciclisti ha ingannato la memoria e ha visto in questi nuovi Eroici i suoi idoli d’un tempo: sarà per le bici dall'aspetto retrò, per le colorate maglie d’epoca che indossano, ma in faccia non li ha proprio guardati.

Il caldo aumenta. Massimo, con la sua spider rossa mi accompagna a un ristoro rinfrescante, acqua e frutta (ciliegie a volontà, buonissime), distribuite dall’Associazione Socio-Culturale “Ager Vescinus” di Maiano (Sessa Aurunca: qui siamo al di là del fiume, in terra campana). Il percorso si allunga seguendo il Garigliano, si attraversa la Diga, poi il forte odore di acqua solfurea ci indica che siamo arrivati alle Terme di Suio, rinomate fin dai tempi antichi. Ancora pochi chilometri e in un posteggio seminterrato ma aperto, in quel che fu il luogo de “La Vecchia Ferrovia” (ora siamo a SS. Cosma e Damiano e ci accoglie la locale ProLoco, con il contributo delle Cantine Ciccariello), protetto da una provvidenziale ombra e arieggiato da una fresca brezza, c’è il penultimo ristoro del percorso lungo: pane e salumi, vino buono e acqua… Sempre tanta acqua, ché con queste temperature c’è da berne in quantità.

La campagna che incontriamo dopo è silenziosa, i suoi profumi si mescolano con gli odori dei cibi, è quasi l’ora del pranzo, ma, tra le case sparse, in tanti si affacciano alle finestre incuriositi da questo passaggio che non avevano mai visto prima, ci salutano con meraviglia.
Ed ecco che, attraversata la piazzetta di Spigno Saturnia e percorsi alcuni divertenti e a tratti impegnativi saliscendi, con le maestose montagne a proteggerci il fianco, siamo all’ultimo ristoro: io, che non gareggio, apprezzo ugualmente i ristori! È la volta di formaggio locale, olive prelibate e lo “zeppolone”, un delizioso pasticcio di verdure, uova e formaggio, davvero ottimo. Ancora buon vino, rifrescato direttamente dall’acqua sorgiva di Capodacqua (e ancora tantissima acqua… appena sgorgata dalla roccia!) e l’Associazione “Amici di Capodacqua” i cui volontari, gentilissimi, ci invitano alla degustazione - e Massimo che non manca di incitarmi a raccogliere l’offerta.

Oramai siamo alla fine del percorso, Scauri è lì a pochi chilometri, la fatica è tanta, ma i ciclisti non si preoccupano, neppure del gran caldo, e a testa china si avviano in silenzio al traguardo dell’Arena Mallozzi, teatro di due giorni de Il Bicicletterario in Festa, vero e proprio festival dedicato alla bicicletta, oramai famoso nel mondo. Sul palco, una vera Fata (Veruska Menna), che a tutti consegna baci e la medaglia… di legno! Sì, avete capito bene: medaglia di legno. A ognuno basta ciò che ha trovato, accoglienza, bella gente e allegri compagni di pedale, posti stupendi, buoni - ottimi - ristori, vino e acqua. E un timbro sul road-book, uno per ogni ristoro, come testimonianza del proprio passaggio, per poi poter con grande orgoglio dire: “Io c’ero!”.
Il Pasta Party, pranzo di fine gara, tradizionale conclusione di ogni manifestazione ciclistica d’Epoca, è - manco a dirlo - abbondante e prelibato. Vino? A volontà. Ma anche birra fresca, appena spillata.

Pian piano, l’Arena Mallozzi si riempie di ciclisti e accompagnatori, dei volontari che tornano dai presidi agli incroci, di altra gente attirata da tutto questo colorato e sorridente movimento. Un saluto agli amici, vecchi e nuovi, incontrati in questa magnifica giornata, un saluto alla lunga spiaggia di Scauri, portandosi dietro a piedi la bici, sul lungomare.
Infine, la Stazione ferroviaria, la Superstrada, l’Autostrada: ognuno prende la via del ritorno. Li guardo tutti in volto, non soltanto per fotografarli: certo, il gran caldo stanca, le salite richiedono fatica, ma nulla può impedir loro di sorridere.


Nel momento del rientro a casa, il mio pensiero torna a Scauri di Minturno, in quel paese che mi ha preso il cuore, in quel puntino geografico che prima in pochi avrebbero trovato. Va a Giovanni, Elena, Pasquale, Stefano, Luca, e gli altri, che hanno compiuto un vero miracolo. Campane a festa, con cene e balli, e tutto il resto. Da oggi, non solo letteratura della bicicletta e del ciclismo ma anche ciclismo Eroico.
E il miracolo si legge sui sorrisi dei loro amici e ‘seguaci’, tutti quanti: Carlo, Marianna, Veruska, Anna, Enzo, Daniela, Maria, e tanti ancora, e di tutti coloro che hanno preso parte a questa grande festa della biciletta e dell’amicizia. Quel puntino tanto piccolo era già da qualche anno diventato un punto di riferimento; qualcuno, a sentirne il nome, già da un po’ esclamava “La capitale della letteratura della bici!”. Quel luogo sulla Linea Gustav, conosciuto per le cronache e gli orrori dell’ultima guerra, a volte per accadimenti cronachistici che salgono alla ribalta nazionale, dove si pensava ci fosse solo il mare e solo tre mesi l’anno: lì ora si va per scrivere e parlare di bici, per girarlo in bici, per rinnovare i valori umani attraverso la bicicletta, che riesce a portarli ovunque e a conservarli freschi, come l’acqua sorgiva di Capodacqua.

Mentre quest’acqua di vita vera sgorga dalle fontane di Minturno, di Scauri, di Tufo e degli altri luoghi che ho potuto visitare e conoscere in questi giorni, con un buon bicchiere di nettare dorato d’uva di Terra delle Ginestre, alzato al cielo, dico: sarò di nuovo e ancora da voi, con voi.

La Marittima – Ciclostorica del Bicicletterario: poche parole che per me, ormai, racchiudono il senso di gioia per la vita, per l’amicizia e l’amore per quelle due magiche ruote spinte dalla felicità che avvicina a Dio.


Giordano Cioli
(giornalista pubblicista, scrittore, fotografo)

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